La Colonia felice: utopia lirica (terza edizione)
' de' nemici. Marra e bipenne non èrano che armi dissimulate. E, intorno alle case, vedèvansi fossi e rifossi non aperti alle aque, e nelle pareti
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, cui il sole avèa dato il colore alle chiome, i gigli e le rose alle guancie, e alla pupilla il cielo. E Forestina, tendendo lo sguardo all'altìssimo
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. Han bel fuggire i nemici, - han bel gittarsi migliaja di leghe alle spalle, i codardi! ... Il mare è di tutti. Là ci sono foreste ... - Evviva il
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leggi, dai vostri padri sancite e per essi e per voi, e accolte dalla maggioranza presente, vèndicano colla scure. Ma Noi, come fummo, ossequenti alle
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noi, tuòi vermi, la cui storia è tutta risveglio all'ire, e alle vendette sprone, non fatte oneste dagli onesti nomi; noi, solo uniti ad impedir, che
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deportati non s'èrano più riveduti. Si fissò un giorno. Arrivò, e il convegno ebbe luogo alle case del Letterato. Molti, che già le avèan disfatte, si èran
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. Fosforescenti cadavèriche faccie appàjono e spàjon fra i tronchi: canne di schioppo spùntano lucidìssime in mezzo alle macchie. Gualdo, come una belva
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mano alle chiome e al vestito: poi, si trattenne, al pensiero di un interno peggiore. E non fu che al pensiero! Se le fattezze dell'alma si potèssero
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cui guizzàvano mùscoli, che gli avrèbber concesso di fare alle pugna col michelangiolesco Mosè. Ma il Letterato sorrise beffardamente: - La forza
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medèsima terra e di un equànime padre. Da ogni parte, baci. Baci al reale diploma, baci alle mani di chi l'avèa apportato e al volto de' marinài. Era
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aggiunse ai compagni. Appariva, intanto, alle fauci della caverna la ritondella e fulva Cecilia, sulla quale tremoleggiante si rifletteva la fiamma. E